AMADEO BORDIGA (1889 - 1970)

Nasce a Resina (Napoli) da Oreste Bordiga e Zaira Amadei il 13 giugno 1889.

Formatosi in un ambiente familiare ed in un contesto sociale ricchi di fermenti intellettuali, morali e politici, ancora studente d’ingegneria a Napoli nel 1910 aderisce alla Federazione Giovanile Socialista, schierandosi immediatamente su posizioni antiriformiste, “antibloccarde” ed antimassoniche. Inizia ad operare, sia sul piano teorico che su quello pratico. per l’emancipazione sociale del proletariato e per l’affermazione del socialismo marxista rivoluzionario. Agisce nel napoletano come organizzatore e propagandista del movimento operaio e difende, a livello nazionale, la funzione “anticulturista” della Federazione, individuando nella partecipazione dei giovani alle agitazioni di classe del proletariato ”il migliore terreno per lo sviluppo della loro coscienza rivoluzionaria” e per la crescita di un autentico “sentimento socialista”, lontano dall’“utilitarismo” capitalistico. Nel 1912 a Napoli, insieme con altri militanti che condividono le sue posizioni, tra cui la sua compagna Ortensia De Meo, e in opposizione alla locale sezione socialista, accusata di riformismo, fonda un circolo significativamente chiamato Carlo Marx, trovandosi così collegato a quella “sinistra” del Partito Socialista Italiano, che intende respingere il tentativo giolittiano-riformista di mettere “Marx in soffitta”, e divenendone presto un esponente di rilievo. Oppostosi già nettamente, su posizioni d’antimilitarismo proletario ed anticoloniale, all’impresa di Libia del 1912, all’inizio del conflitto bellico nel 1914-15, ne denuncia la natura di lotta interstatale borghese per la spartizione dei mercati e delle colonie, individuando, con una prospettiva del tutto controcorrente, un rapporto diretto tra sviluppo della democrazia e tendenza al militarismo. Attraverso combattivi interventi sull’Avanti!, oltre che sul diffuso settimanale della FIGS L’Avanguardia e su Il socialista, nel novembre 1917 propaganda idee internazionaliste e, dopo la rotta di Caporetto e la conseguente diserzione di massa dei proletari-soldati, pone il problema del passaggio all’azione rivoluzionaria. Quasi negli stessi giorni si schiera senza esitazioni a difesa della rivoluzione russa, che considera da subito quale momento di una rivoluzione proletaria internazionale e che dimostra definitivamente al mondo la necessità dell’abbattimento violento dello stato borghese e il superamento della sua forma democratico-parlamentare. Anche per tale ragione, ritiene sia venuto il momento di dar corpo ad una corrente che abbia come compito la formazione di un partito rivoluzionario in Italia: rientra in questo progetto la fondazione a Napoli, nel dicembre del 1918, del settimanale Il Soviet, inteso come “organizzatore collettivo”. Per prendere le distanze dal massimalismo socialista, declamatorio ed inconcludente, sostiene la necessità di astenersi dalle elezioni parlamentari, tesi questa che insieme all’esigenza di separarsi dai riformisti, egli difende al XVI Congresso socialista di Bologna dell’ottobre del 1919, durante il quale la sua posizione risulta minoritaria.

Nel 1920 a Mosca, Bordiga concorre in modo sostanziale all’organizzazione della Terza internazionale (o Internazionale Comunista), nel corso del suo Secondo Congresso. Criticato da Lenin per la posizione astensionista, ha tuttavia il suo accordo sulla proposta di aggiungere alle condizioni d’ammissione o di permanenza dei partiti comunisti nell’Internazionale l’espulsione di quei membri che respingono le condizioni e le tesi da essa formulate, il che significa di fatto proporre l’espulsione dei riformisti.

Nel gennaio del 1921, al XVII Congresso Nazionale dello PSI a Livorno, quando la maggioranza dei socialisti rifiuta di votare la mozione comunista, i delegati comunisti, con Bordiga alla testa, fondano il Partito Comunista d’Italia (sezione italiana dell’Internazionale Comunista). La scissione dai socialisti sancisce il suo ruolo di direzione, che viene confermato nel marzo dell’anno seguente al Congresso di Roma, pur non essendo egli segretario del partito, carica allora inesistente, ma solo primus inter pares di un gruppo dirigente omogeneo.

Guida del PCd’I dal gennaio del 1921 sino all’autunno del 1923, Bordiga dà un fondamentale contributo alla formazione di un partito caratterizzato sia da un alto grado d’unità d’intenti politica e di chiarezza programmatica che da un elevato livello di preparazione teorica e di moralità politica.

Schieratosi su posizioni di netta opposizione al movimento e al regime fascista, viene arrestato ed incarcerato nel 1923 e poi confinato dal 1926 al 1929. Contrario a qualsiasi trasformazione del partito in senso socialdemocratico, il che a suo avviso conseguirebbe dall’adozione della tattica del “fronte unico” politico e del “governo operaio” proposta dalla III Internazionale, fortemente critico della “bolscevizzazione” imposta ai partiti comunisti europei dal partito comunista russo, guida, dal 1924, l’opposizione della corrente della “sinistra” all’interno del partito. Denunzia anticipatamente, con grande lucidità teorica e coraggio personale e politico, le degenerazioni staliniane nella pratica del partito comunista russo e dell’Internazionale ed in quella dello stesso partito comunista italiano, in difesa di una concezione della politica aliena da compromessi , da intrighi e carrierismi, ma soprattutto dalla risoluzione con metodi amministrativi dei conflitti politici. Richiede che le questioni russe vengano discusse apertamente e collettivamente da tutti i partiti comunisti in sede d’Internazionale ed individua nella prospettiva staliniana del “socialismo in un solo paese” una deviazione netta dalla teoria e dalla pratica del comunismo rivoluzionario, comportante la subordinazione della politica dell’I.C., quale organizzazione della classe proletaria internazionale, alle esigenze dello stato nazionale russo.

L’espulsione dal Partito comunista italiano nel 1930, seguita alla sconfitta della “sinistra” al III Congresso a Lione nel gennaio del ’26 da parte del “centro” gramsciano e allo scontro con la dirigenza staliniana al VI Esecutivo allargato dell’I.C. a Mosca nel febbraio successivo, segna nella vita di Bordiga l’inizio di una diversa fase, caratterizzata da un’intensa attività di studio e di riflessione e, dal 1945, d’attività pubblicistica d’eccezionale rilevanza teorica e politica.

Tornato in libertà nel 1929, non ritenendo possibile, data la situazione di riflusso rivoluzionario, costituire una nuova organizzazione partitica comunista al di fuori della Terza internazionale e non intendendo neppure dare vita al suo interno ad una frazione di sinistra organizzata, si dedica all’attività professionale d’ingegnere: lungi dall’essere una fonte cospicua di guadagno, come a lungo si è detto da parte di voci denigratorie dello stesso PCI, tale attività gli permette appena di far fronte alle necessità economiche della vita quotidiana, resa più difficoltosa dal continuo peggioramento delle condizioni di salute della moglie Ortensia De Meo, un tempo figura di primo piano nell’organizzazione socialista femminile, anch’essa, fino ad oggi, travolta in sede politica e storica dall’oblio della memoria che per lungo tempo ha colpito Bordiga.

La posizione di Bordiga di fronte al secondo conflitto bellico, per quanto finora c’è dato di sapere, non è mutata: la natura della guerra resta imperialistica e richiede il sabotaggio proletario delle due coalizioni belligeranti, la sconfitta dei paesi capitalisticamente più avanzati offre migliori condizioni per un potenziale sviluppo rivoluzionario del proletariato.

Dopo un quindicennio di silenzio, durante il quale non sembra abbia contatto con i suoi seguaci fuoriusciti che hanno dato vita nel 1928 in Francia alla Frazione di sinistra del Partito Comunista d’Italia, dal 1945 al 1952 contribuisce con numerosi scritti all’orientamento della rivista mensile “Prometeo” e del quindicinale “Battaglia comunista” del Partito comunista internazionalista, fondato nel 1942 dai seguaci di Bordiga raggruppati intorno a Bruno Maffi ed Onorato Damen. Nel 1952, dopo la separazione da Damen, aderisce a questo raggruppamento (dal 1965 Partito comunista internazionale), alla cui attività darà sino alla morte un contributo fondamentale, con le relazioni da lui tenute alle Riunioni di partito, pubblicate poi insieme con altri numerosi suoi scritti, tutti in forma anonima, sul quindicinale “ il programma comunista”, diretto da Bruno Maffi.

Negli anni del cosiddetto “minoritarismo” politico (1945-70) Amadeo Bordiga si rivela un profondo conoscitore ed interprete controcorrente della teoria marxiana, da lui riproposta come valido strumento di comprensione scientifica della realtà storico-sociale contemporanea e quale fondamento per la ridelineazione del programma del comunismo rivoluzionario: emblematica a tale riguardo è l’analisi da lui condotta delle ragioni del fallimento della rivoluzione in Russia e della struttura economica e sociale dell’ex–Unione sovietica, definita come sistema di capitalismo di stato, del tutto estraneo alla prospettiva marxiana del socialismo. Tale analisi assume la portata di una riconsiderazione globale della tradizionale concezione del capitalismo ed intende essere insieme riproposizione al proletariato internazionale degli obiettivi storici del comunismo marxiano antimercantile, antisalariale ed antiaziendale.

Per tutto il periodo che va dall’immediato dopoguerra alla metà degli anni ’60, insieme all’assiduo impegno politico, Bordiga riprende a svolgere un’intensa attività professionale quale ingegnere edile, contrassegnata insieme da una vasta competenza tecnica e da una profonda moralità sociale, nel corso della quale ricopre la carica di Presidente del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti di Napoli e che lo vede impegnato nella discussione critica dei progetti per il Piano regolatore di Napoli: dalle soluzioni da lui proposte in merito alle relative questioni urbanistiche ed ambientali emerge una particolare attenzione e sensibilità, anche in quest’ambito fortemente “controcorrente” e in anticipo sui tempi storici, per tematiche sociali ed “ecologiche” affacciatesi, nella cultura della progettazione edilizia ed urbanistica, soltanto in tempi successivi. Attento al ruolo sociale dell’ingegnere, s’impegna anche nella promozione del Sindacato degli ingegneri liberi professionisti.

L’apporto da lui dato, senza mai alcun risparmio d’energie, insieme allo svolgimento della sua professione sul piano sociale, all’elaborazione del marxismo quale teoria scientifica e alla causa del comunismo rivoluzionario viene meno alla soglia degli anni Settanta. Bordiga muore a Formia (Latina) il 23 luglio 1970.

(a cura di Liliana Grilli per la FONDAZIONE AMADEO BORDIGA)

Nota biografica di Luigi Agnello per il Dizionario Biografico degli italiani edito da Treccani